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Concordato preventivo fiscale

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Il presente lavoro è dedicato allo studio del concordato preventivo fiscale che consiste in una procedura nella quale lo Stato propone al contribuente il pagamento di una determinata quantità di imposte sui futuri redditi. La definizione di “concordato” impone di verificare se questo istituto può essere inserito nel novero delle procedure di definizione concordata dell’imponibile che si caratterizzano per la partecipazione del contribuente all’attività di accertamento esercitata dall’amministrazione finanziaria. A tale scopo il primo capitolo è dedicato all’evoluzione storico-giuridica degli istituti che consentono l’intervento del contribuente nella quantificazione del tributo, effettuata dall’amministrazione finanziaria mediante la procedura di accertamento. La partecipazione del contribuente all’accertamento della base imponibile è stata perseguita mediante istituti giuridici che hanno assunto denominazioni e caratteri diversi nelle leggi che si sono succedute storicamente, e che hanno sempre impegnato la dottrina e la giurisprudenza in un acceso dibattito finalizzato a individuarne la natura giuridica. Il regolamento n.560 del 1907 ha disciplinato, per la prima volta, una procedura di definizione concordata dell’imponibile cui è stata riconosciuta dalla dottrina e dalla giurisprudenza natura contrattuale.

L’istituto, dopo un lungo periodo di applicazione, ha cominciato a manifestare le prime avvisaglie di declino. Nel 1956 la legge n.1, detta “legge Tremelloni”, ha introdotto l’accertamento con adesione, una procedura di accertamento effettuata dall’amministrazione finanziaria, alla quale il privato partecipava mediante la dichiarazione di adesione alle risultanze dell’accertamento stesso. La dottrina prevalente ha escluso che tale accertamento potesse avere natura contrattuale e, quindi, che potesse rappresentare una procedura concordata di determinazione dell’imponibile. L’accertamento con adesione, dunque, era un atto unilaterale dell’amministrazione finanziaria.

Negli anni ’70 tale istituto è stato di fatto cancellato dall’ordinamento per il preteso contrasto con i metodi analitici di accertamento e per la necessità di eliminare la “contestata” prassi del patteggiamento tra funzionari dell’amministrazione finanziaria e contribuenti. Negli anni ’90 l’accertamento con adesione è stato, prima, reintrodotto e, poi, riformato, mediante il d.lgs. n.218 del 1997. Anche in riferimento al nuovo accertamento con adesione la dottrina ha affrontato il problema della determinazione della natura giuridica, dividendosi tra coloro che hanno affermato la natura contrattuale dell’istituto e coloro che l’hanno qualificato come atto unilaterale. L’esigenza, di arginare il fenomeno dell’evasione fiscale e di garantire la massima semplificazione del sistema fiscale ha motivato l’introduzione del concordato preventivo fiscale, una procedura nella quale lo Stato propone al contribuente il pagamento di una determinata quantità di imposte sui futuri redditi a fronte di una serie di vantaggi consistenti nell’esonero parziale dagli accertamenti dell’amministrazione finanziaria e nella tassazione agevolata.

Il secondo capitolo è dedicato allo studio del concordato preventivo triennale, previsto dalla legge delega n.80 del 7/4/2003 di riforma del sistema fiscale, nonché del concordato preventivo biennale transitorio, disciplinato dal d.l. n.269 del 30/9/2003. Il concordato preventivo triennale, come si evince dalla legge delega, è un accordo con il fisco che tiene conto della situazione specifica di ciascun contribuente. La prima vera attuazione di questo concordato è costituita dalla pianificazione fiscale concordata, introdotta dalla legge finanziaria per il 2005. Tale pianificazione consiste nella proposta di importi effettuata ad ogni contribuente dall’Agenzia delle entrate che ne determina la misura sulla base di elaborazioni operate dall’anagrafe tributaria. Il terzo capitolo è dedicato allo studio della normativa che disciplina la pianificazione fiscale concordata, un istituto che non sembra avere le caratteristiche che la legge delega n.80 del 2003 ha individuato per il concordato preventivo triennale.

Infatti, la pianificazione fiscale concordata non ha natura individuale perché la proposta che l’Agenzia delle entrate comunica ai contribuenti è elaborata in base agli studi di settore e ad alcuni dati macroeconomici, con riferimento ad intere categorie di contribuenti, senza tener conto, dunque, delle condizioni particolari di ciascuno di essi. La pianificazione fiscale concordata, poi, sembra abbia la natura di un atto unilaterale di accertamento dell’amministrazione finanziaria, a differenza del concordato preventivo triennale che, invece, pare sia stato concepito dal legislatore delegante come un accordo tra il fisco ed il contribuente.

L’ultimo capitolo è dedicato alla verifica della compatibilità del concordato preventivo triennale con il dogma della indisponibilità della pretesa fiscale e con le norme della Costituzione. Da questa analisi si evince l’irrilevanza dell’indisponibilità rispetto al concordato preventivo triennale e si individuano le garanzie necessarie affinché tale istituto sia rispettoso del principio di capacità contributiva sancito dall’art.53 della Costituzione e della riserva di legge sancita dall’art.23 della Costituzione.

In conclusione è possibile affermare che il concordato preventivo fiscale introdotto nel sistema fiscale italiano dalla legge finanziaria per il 2005 è una procedura di determinazione dell’imponibile che non si sostanzia in un vero e proprio accordo tra il contribuente ed il fisco ma presuppone un preventivo atto di accertamento unilaterale dell’amministrazione finanziaria; inoltre, tale istituto consente un contraddittorio limitato ad ipotesi tassative e rigidamente definite che non permette al contribuente di fornire la prova contraria delle presunzioni su cui si basa l’accertamento del fisco. Il concordato preventivo fiscale, dunque, sembra avvicinarsi al modello dell’accertamento con adesione, dal quale si differenzia solo perché non è un condono ma si propone come strumento di determinazione di una base imponibile futura per categorie di contribuenti.

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