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Il presente lavoro affronta il tema della rilevanza del coinvolgimento dei cittadini nella risoluzione di situazioni di pubblico interesse. In particolare l’elaborato è dedicato all’analisi della partecipazione dei cittadini intesa come componente essenziale della public governance, un modello di gestione della Pubblica Amministrazione ispirato alla teoria del “New Public Management”. Secondo tale modello, alla gestione della Pubblica Amministrazione si devono applicare i principi e le tecniche del management privato; pertanto, è necessario favorire la partecipazione degli stakeholders, il coordinamento dei diversi interessi in gioco e l’introduzione sistematica nell’intervento pubblico dei principi di efficacia, efficienza, coerenza e trasparenza.
I governi, dunque, devono assumere un ruolo di direzione nella promozione del territorio e di coordinamento delle relazioni fra gli attori dei processi decisionali nei quali devono essere coinvolti anche i cittadini. La partecipazione viene, così, ad assumere un ruolo di primo piano, perché è la modalità che consente ai cittadini e agli altri attori interessati di intervenire nei processi di policy-making superando i limiti della democrazia rappresentativa e attuando quella che autorevole dottrina definisce come la “democratizzazione della democrazia”. L’esame delle diverse tipologie di pratiche partecipative in uso anche nell’ordinamento italiano ha consentito di individuare le differenze esistenti tra la democrazia partecipativa e la sussidiarietà orizzontale. Infatti, sebbene entrambi i fenomeni presuppongano un nuovo collegamento tra Stato e cittadini singoli ed associati e trovino legittimazione nel campo della società civile, essi sono sostanzialmente diversi.
Parte della dottrina ritiene che la sussidiarietà orizzontale, a differenza della democrazia partecipativa, comporti un “fare” piuttosto che un “dire”. In altri termini, la sussidiarietà orizzontale si traduce in una partecipazione, non solo alla decisione sui problemi, bensì anche direttamente e autonomamente alla soluzione operativa dei problemi stessi. Altra dottrina, invece, osserva che la prima differenza che va annotata sta nel fatto che quello della democrazia partecipativa è un modello normativo, tendente a fissare standard di comportamento che i cittadini e le stesse istituzioni devono praticare. L’approccio sussidiario, al contrario, è di tipo interpretativo, nel senso che riconosce la qualità di soggetto di rilevanza pubblica (o di rango costituzionale) alle organizzazioni di cittadinanza attiva che si occupano di questioni d’ interesse generale con l’intento di portarle a buon fine.
Inoltre, mentre con il modello della democrazia partecipativa i cittadini vengono chiamati in sostanza a partecipare all’attività delle istituzioni, l’approccio della sussidiarietà orizzontale, invece, riguarda la partecipazione al governo della società. Una differenza ulteriore, inoltre, si ritiene sia che la democrazia partecipativa si basi sul diritto di consultazione delle “parti interessate” da un provvedimento o da una politica. La sussidiarietà orizzontale, invece, si basa sul potere di intervento. C’è, infine, una differenza che riguarda il sistema di relazioni tra i soggetti coinvolti nei processi partecipativi. Nel modello partecipativo tali relazioni restano di tipo bipolare, con le istituzioni in posizione preminente rispetto a tutti gli altri soggetti. Nell’approccio della sussidiarietà, invece, le relazioni sono di tipo circolare, o di rete.
Il lavoro si conclude con l’analisi del modello partecipativo del “collaborative public management” che consiste in “una partnership in cui le agenzie di governo, gli enti locali e gli utenti delle risorse, le organizzazioni non governative e altri soggetti interessati negoziano, in maniera appropriata a ciascun contesto, l’autorità e la responsabilità per la gestione di una determinata area o insieme di risorse”. Tale modello gestionale ha trovato applicazione anche in Italia, ad esempio, in ambito scolastico e nel settore dei servizi sociali. Infatti, gli accordi di rete tra scuole, previsti dal D.P.R. n. 275 del 1999, e il sistema integrato di interventi di carattere sociale, fondato sui principi fondamentali sanciti dalla legge quadro n.328 del 2000, promuovono l’integrazione tra i diversi livelli istituzionali e tendono a coinvolgere anche le organizzazioni del terzo settore chiamandole a svolgere un ruolo attivo nella fase di progettazione e di valutazione degli interventi.