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Il presente lavoro è dedicato alla verifica della rilevanza dell’esame autoptico all’interno del procedimento penale attraverso l’analisi della normativa codicistica vigente. L’autopsia si inserisce all’interno delle indagini medico legali relative ai casi di morte. Essa è finalizzata ad individuare, non solo la causa della morte, ma anche le modalità della stessa, l’identità del deceduto, se sconosciuta, e l’epoca della morte o delle lesioni e consiste nello studio macroscopico del cadavere attuato mediante l’ispezione esterna dello stesso ed il sistematico esame degli organi interni.
In particolare, il presente lavoro è dedicato all’analisi dell’ autopsia medico-legale o giudiziaria, che è eseguita quando vi sia sospetto di reato e, in caso di certezza di reato, quando tale esame è necessario per ricostruire le modalità dello stesso. Nel primo capitolo si analizzano sommariamente le norme tecniche che presiedono allo svolgimento dell’autopsia. Tali norme sono contenute nelle disposizioni della circolare ministeriale n.1665 del 1910 recante Istruzioni sulla tecnica medico-legale delle autopsie giudiziarie. Malgrado la risalenza di questo provvedimento esso è tutt’ora in vigore. Pertanto, ancora oggi l’esame autoptico si svolge in tre fasi successive che consistono nell’esame esterno del cadavere, nell’esame interno e nella sintesi dei rilievi autoptici.
Emerge con evidenza la necessità di rivedere la normativa della circolare ministeriale n.1665 del 1910 alla luce dei progressi della tecnica medico legale. Tali norme costituiscono un fondamentale punto di riferimento per i medici legali; tuttavia, non sono sufficienti a garantire la qualità dell’esame autoptico. Sarebbe necessario, infatti, introdurre procedure di controllo di qualità in ambito medico forense, gestite da organi di controllo che siano emanazione di società scientifiche con componenti di comprovato riconoscimento nazionale ed internazionale che effettuino una verifica del reale grado di esperienza acquisita in campo medico legale con mezzi e procedure individuate di concerto con rappresentanti dell’amministrazione della giustizia, competenti in tema di problemi criminalistici. Inoltre, sarebbe opportuno procedere all’armonizzazione del protocollo autoptico in materia di autopsia giudiziaria in modo da individuare delle regole valide nei diversi Paesi della comunità internazionale.
Il secondo capitolo è dedicato all’analisi dell’evoluzione del ruolo dell’autopsia giudiziaria all’interno del processo penale a partire dal codice di procedura penale del 1930. All’interno del sistema processuale misto inquisitorio/accusatorio, l’autopsia si inseriva nella fase procedimentale istruttoria che era coordinata e gestita dal giudice istruttore ed era destinata alla raccolta dei mezzi di prova. Essa, quindi, si configurava come una perizia. Con l’avvento del sistema processuale accusatorio seguito alla riforma del codice di procedura penale del 1989 l’autopsia può rientrare tra gli accertamenti tecnici irripetibili disciplinati dall’art.360 c.p.p.. Inoltre, tale esame può essere inserito anche all’interno dell’incidente probatorio. Pertanto, l’autopsia può assumere all’interno del procedimento penale una duplice configurazione giuridica: può essere una consulenza tecnica disposta dal magistrato del pubblico ministero oppure una perizia ordinata dal giudice per le indagini preliminari.
L’autopsia costituisce senz’altro un accertamento importantissimo ai fini della ricostruzione della verità. Le risultanze dell’esame cadaverico effettuato dal medico legale, infatti, forniscono un contributo essenziale al lavoro di indagine. E’, dunque, necessario che vengano eliminati tutti i fattori che possono compromettere il buon esito di questo esame. A tale scopo è, innanzitutto, opportuno che lo svolgimento dell’autopsia non venga rinviato a lungo e che venga effettuato correttamente dal momento che non è ripetibile. Tenendo conto di ciò, il legislatore nel 1989 per ragioni di economia processuale ha ritenuto opportuno stabilire la regola in base alla quale nei casi più semplici e chiari e quando la persona indagata rinuncia al contraddittorio per la prova, il magistrato del pubblico ministero, evitando le lungaggini connesse all’incidente probatorio, può disporre che si svolga l’autopsia i cui risultati, eccezionalmente, hanno rilevanza probatoria. Tuttavia, per mantenere ferme le fondamentali garanzie del sistema accusatorio, il legislatore ha disposto che nei casi più complessi e problematici e in assenza di una rinuncia al contraddittorio per la prova, la persona indagata può fare ricorso all’incidente probatorio per lo svolgimento del medesimo accertamento tecnico. Nel primo caso l’autopsia è svolta da un medico legale che riceve l’incarico di consulente tecnico di parte. Nel secondo caso, invece, il medico legale è incaricato in qualità di perito dal giudice per le indagini preliminari e, quindi, assume innanzitutto l’impegno di essere imparziale ed equidistante rispetto agli interessi delle parti contrapposte.