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Diritto all’oblio: il Garante privacy può ordinare la deindicizzazione globale a Google

Come affermava il prof. Stefano RodotàIl rispetto della persona e dei valori che l’accompagnano, rischia di scomparire quando ogni momento della sua vita viene implacabilmente scrutato e registrato. Di fronte a questa nuova realtà l’attenzione della politica deve essere massima.” 

Attraverso il web è possibile reperire rapidamente notizie, informazioni e dati relativi alla vita passata e presente di un individuo. Se, poi, le vicende personali sono negative in quanto attengono ad eventuali precedenti penali, vi è il rischio che le tracce di un passato difficile compromettano il diritto di ciascuno a cominciare una nuova vita. 

A tutela della riservatezza delle persone è riconosciuto e garantito il diritto all’oblio cioè il “diritto di essere dimenticati”. L’art. 17 del GDPR (Regolamento UE n. 679/2016 stabilisce che l’interessato ha il diritto di ottenere dal titolare del trattamento la cancellazione dei dati personali che lo riguardano senza ingiustificato ritardo e il titolare del trattamento ha l’obbligo di cancellare, senza ingiustificato ritardo, i dati personali, se sussistono specifici motivi ivi elencati. La medesima norma al comma 3 prevede, tuttavia, che la cancellazione non possa essere richiesta laddove  il trattamento si connetta all’esercizio della libertà di espressione e di informazione, sia giustificato dall’adempimento di un obbligo giuridico o dall’esecuzione di un compito di pubblico interesse o dall’esercizio di un pubblico potere, attenga all’interesse  pubblico nel settore della sanità pubblica, sia effettuato a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici o per l’accertamento, l’esercizio o la difesa di un diritto in sede giudiziaria.

Il bilanciamento dei diversi interessi in gioco previsto dall’art.17 del Regolamento, è effettuato caso per caso dall’interprete e, quindi, dal Giudice oppure dal Garante per la Privacy. Come è noto, infatti, l’interessato può far valere il proprio diritto alla protezione dei dati personali secondo modalità di tutela differenziate e graduali rivolgendosi anche al Garante per la privacy. Per facilitare l’accesso l’Autorità ha pubblicato la Scheda Segnalazione Reclamo” con la quale vengono fornite tutte informazioni utili per procedere. 

La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 34658 del 24.11.2022 ha fornito chiarimenti in merito alla extraterritorialità dei poteri del Garante per la privacy in tema di tutela del diritto all’oblio. La vicenda controversa riguarda una persona che si è rivolta al Garante per la privacy per segnalare la violazione del diritto all’oblio subita a causa della permanenza, nelle versioni extraeuropee di Google, degli URL relativi a notizie non aggiornate in merito alle indagini di un procedimento penale che lo avevano coinvolto e che si erano concluse con un decreto di archiviazione del Gip per infondatezza della notizia di reato. In una prima fase il ricorrente ha chiesto che la cancellazione avvenisse solo nelle versioni europee di Google. Successivamente, dichiarando di avere interessi professionali anche fuori dall’Europa, il ricorrente ha chiesto di estendere l’ordine di cancellazione alle versioni extraeuropee di Google.

Il Garante privacy ha accolto il ricorso, ordinando al motore di ricerca la cancellazione globale degli URL. Senonché la società che gestisce il motore di ricerca ha impugnato il provvedimento dinanzi al Tribunale di Milano che ha ridimensionato l’ambito applicativo dell’ordine del Garante restringendolo nei limiti degli URL presenti sulle sole versioni nazionali diffuse nei Paesi UE e ha messo in discussione la legittimità stessa dell’ordinanza.

Il Garante per la privacy ha proposto ricorso in Cassazione chiedendo alla Corte di dichiarare l’illegittimità della sentenza del Tribunale di Milano nella parte in cui ha negato la possibilità di una applicazione extraterritoriale delle norme dell’Unione Europea e nazionali.

La Corte nella sentenza in esame, in primo luogo, effettua una doverosa precisazione terminologica e chiarisce il concetto di “deindicizzazione” distinguendolo dalla “rimozione o cancellazione” dei contenuti. La deindicizzazione, infatti, non elimina i contenuti ma li rende non direttamente accessibili dai motori di ricerca.

La Corte, poi, rinvia a precedenti sentenze relative al bilanciamento tra il diritto all’oblio e il diritto della collettività all’informazione e ribadisce che si ha diritto alla deindicizzazione dai motori di ricerca qualora sia pubblicato sul web un articolo di interesse generale che leda i diritti di un soggetto che non riveste la qualità di personaggio pubblico, noto a livello nazionale. Ciò al fine di evitare che l’accesso ai dati personali del soggetto leda il suo diritto all’oblio e cioè il diritto a non essere più ricordato per notizie ormai superate. (Corte Cass. n.2952 del 2022, n.15160 del 2021, n. 9147 del 2020)

Il diritto all’oblio, infatti, è il diritto a non rimanere esposti senza limiti di tempo ad una rappresentazione non più attuale della propria persona.

Richiamando la giurisprudenza della Corte di giustizia (sentenza del 13.5.2014 C-131/12) cui è affidato il compito di fornire l’interpretazione della normativa dell’UE, la Corte di Cassazione afferma che l’attività svolta dai motori di ricerca costituisce una forma di trattamento di dati personali di cui gli stessi sono da considerarsi responsabili. La Corte precisa, altresì, che costituisce espressione di diritti fondamentali della persona, il diritto del singolo di ottenere che l’informazione che lo riguarda non sia più collegata a sé da un elenco di risultati che si visualizza a seguito di una ricerca effettuata sul motore di ricerca con il proprio nome.

Sul tema specifico dell’ambito territoriale di tutela del diritto all’oblio la Corte di Giustizia nella decisione del 14.9.2019 resa nel caso C 507/2017 ha stabilito che la deindicizzazione non deve essere effettuata in tutte le versioni del motore di ricerca ma solo nelle versioni corrispondenti a tutti gli Stati membri dell’UE. La Corte ha, tuttavia, precisato che la disciplina europea non impone ma nemmeno vieta che la deindicizzazione riguardi tutte le versioni del motore di ricerca. Pertanto, un’autorità di controllo o un Giudice di uno Stato membro dell’UE restano competenti ad effettuare un bilanciamento tra il diritto all’oblio della personae e il diritto alla libertà di informazione e, se lo ritengono opportuno, possono senz’altro ordinare la deindicizzazione globale.

Quindi, gli ordini di deindicizzazione globali estesi, cioè a tutte le versioni dei motori di ricerca sono ammissibili e legittimi e sono espressione del bilanciamento tra il diritto all’oblio, quale forma del diritto alla riservatezza e il diritto alla libertà di informazione operato dal Giudice oppure dal Garante della privacy. Il diritto alla protezione dei dati personali e il suo fondamento costituzionale (si vedano  artt.2 e 3 della Costituzione), infatti, non tollerano limitazioni territoriali all’esplicazione della sfera di protezione.