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Il pagamento dell’assegno a persona diversa dal prenditore

La Corte di cassazione con le ordinanze n.  3810238110 del 29 dicembre 2022 ha ribadito l’orientamento delle Sezioni Unite rispetto alla responsabilità della banca negoziatrice per il pagamento dell’assegno non trasferibile a persona diversa dal legittimo prenditore.

Purtroppo accade ancora che alcuni enti provvedano a consegnare assegni ai legittimi prenditori mediante l’utilizzo della posta ordinaria, ritenendo che la clausola di non trasferibilità, unitamente al procedimento di identificazione effettuato al momento della negoziazione del titolo, possano di per sé costituire una idonea garanzia rispetto al trafugamento. Invece, gli assegni, una volta trafugati, sono ugualmente incassati da soggetti non legittimati che utilizzano documenti falsificati.

Pertanto, accade ancora che l’effettivo destinatario dell’assegno sia costretto ad adire l’autorità giudiziaria per far accertare la responsabilità dell’emittente e del negoziatore dell’assegno e conseguire il pagamento che gli è dovuto.

Tali vicende giudiziarie hanno generato una giurisprudenza che non giungeva a soluzioni univoche, tant’è che sul punto sono intervenute le Sezioni unite che con le sentenze   nn. 12477 e 12478 del 21 maggio 2018, nonchè con le sentenze nn. 9769 e 9770 del 26 maggio 2020, hanno affermato che vi sia una corresponsabilità tra il mittente dell’assegno e la banca. Infatti, il mittente è responsabile per il fatto di usare la posta ordinaria come modalità di trasmissione del titolo, invero, poco cauta e prudente. Sulla banca negoziatrice, in base all’art.43 della c.d. legge assegni, incombe una responsabilità contrattuale colposa per quanto attiene all’identificazione del prenditore dell’assegno a meno che non dimostri che l’inadempimento non gli è imputabile, per aver assolto alla propria obbligazione con la diligenza richiesta dall’art. 1176, comma 2, c.c. .

Ebbene, la Corte di Cassazione con le ordinanze in esame ha ribadito che nel caso di pagamento di assegno di traenza non trasferibile in favore di soggetto non legittimato, va esclusa la responsabilità contrattuale colposa della banca negoziatrice che abbia dimostrato di aver identificato il prenditore del titolo mediante il semplice controllo del documento di identità non scaduto e privo di segni o altri indizi di falsità. Infatti, in tal caso le banche applicano la normativa antiriciclaggio ex art. 19, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 231 del 2007 che stabilisce modalità tipiche di identificazione della clientela, e non sono tenute a ricorrere ad ogni possibile mezzo oppure ad eventuali indagini presso il Comune di nascita.

 Mancando un sistema informatizzato che renda possibile la verifica in tempo reale dell’autenticità del documento di identità esibito dall’interessato (tale è, oggi, il sistema di prevenzione del furto di identità, previsto dall’art. 30 ter d.lgs. n. 141/2010, in uso solo da alcuni anni) l’incaricato della banca cui sia esibito un documento non recante tracce evidenti di alterazione non è tenuto ad effettuare complesse verifiche che richiedano, ad esempio, lo scambio di comunicazioni con le Autorità che risultano emittenti il documento oppure con l’amministrazione delle finanze in ordine alla verifica dell’autenticità del codice fiscale e, quindi, della sua corrispondenza ad una posizione anagrafica- tributaria. Secondo la Corte non è invocabile nemmeno la raccomandazione, contenuta nella circolare ABI del 7 maggio 2001 indirizzata agli associati, che segnala l’opportunità per la banca negoziatrice dell’assegno di traenza di richiedere due documenti d’identità muniti di fotografia al presentatore del titolo, perché a tale prescrizione non può essere riconosciuta alcuna portata precettiva, e non si rinviene negli standard valutativi di matrice sociale ovvero ricavabili dall’ordinamento positivo, posto che l’attività di identificazione delle persone fisiche avviene normalmente tramite il riscontro di un solo documento d’identità personale.

Per quanto riguarda la spedizione dell’assegno non trasferibile per posta ordinaria, la Corte ha ribadito che, in caso di sottrazione del titolo e riscossione da parte di un soggetto non legittimato, è ravvisabile un concorso di colpa del mittente, che sceglie di non avvalersi di altre forme di spedizione (posta raccomandata o assicurata) o di strumenti di pagamento ben più moderni e sicuri (quali il bonifico bancario o il pagamento elettronico). Il mittente, infatti, si espone volontariamente ad un rischio superiore a quello consentito dal rispetto delle regole di comune prudenza e del dovere di agire per preservare gli interessi degli altri soggetti coinvolti nella vicenda. La spedizione a mezzo posta ordinaria, quindi, concorre con il comportamento colposo eventualmente tenuto dalla banca nell’identificazione del presentatore.