Con la recentissima sentenza n.1229 del 2013 il Tribunale di Benevento ha deciso un contenzioso nel quale la parte attrice lamentava di aver subito un danno per effetto del trattamento illecito dei dati relativi al proprio conto corrente da parte di un istituto di credito. In particolare, la Banca avrebbe fornito al conduttore di un immobile di proprietà del correntista, gli estremi del suo nuovo conto corrente, in tal modo permettendogli di versare regolarmente il canone di locazione. Parte attrice, dunque, si doleva che il conduttore avesse effettuato il bonifico sul conto corrente appena acceso senza che la stessa gliene avesse comunicato gli estremi di cui, secondo il suo assunto, era venuto a conoscenza illecitamente in violazione della normativa relativa alla protezione dei dati personali. Pertanto, chiedeva l’accertamento della responsabilità e la condanna al risarcimento dei danni a carico dell’istituto di credito e del conduttore.
In base all’art.15 comma primo del d.lgs. n.196 del 2003 la violazione delle norme poste a tutela della riservatezza configura un’ipotesi di responsabilità ex art.2050 c.c. Infatti, tale norma dispone che chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di un’attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno. Trattandosi di responsabilità extracontrattuale, in base all’art.2947 c.c., l’azione per l’accertamento della responsabilità e il conseguente risarcimento del danno si prescrivono in cinque anni decorrenti dal fatto illecito.
Nel caso deciso dal Tribunale di Benevento il presunto illecito trattamento dei dati del conto corrente da parte della banca, in base alla ricostruzione attorea, sarebbe avvenuto nel settembre 2002. Tale trattamento è stato segnalato anche all’Autorità garante per la privacy ed è stato oggetto di una querela inoltrata al Comandante della locale stazione dei carabinieri. Tuttavia, la domanda è stata proposta solo nel giugno 2010, pertanto si è senz’altro prescritta. Il Tribunale, rilevato che la Banca ha sollevato tempestivamente l’eccezione di prescrizione, senza entrare nel merito, ha rigettato la domanda per intervenuta prescrizione precisando che la segnalazione all’Autorità Garante e la querela ai Carabinieri non costituiscono validi atti interruttivi del termine prescrizionale ai sensi dell’art. 2943 c.c. . Infatti si tratta di atti con i quali il danneggiato non ha esercitato il proprio diritto al risarcimento nei confronti dei presunti autori del fatto illecito obbligati al risarcimento.
Con riferimento all’altro convenuto cioè al conduttore dell’immobile, invece, il Tribunale ha deciso anche nel merito, considerando inammissibile l’eccezione di prescrizione tardivamente sollevata. Ebbene, la domanda proposta nei confronti del conduttore è stata rigettata per carenza di prova. Infatti, come, peraltro, confermato dalla Cassazione nella sentenza n. 8451 del 2012, in applicazione dei criteri stabiliti dal citato articolo 2050 c.c. in tema di responsabilità per esercizio di attività pericolosa, la presunzione di colpa a carico del danneggiante posta da tale norma, presuppone il previo accertamento dell’esistenza del nesso eziologico – la cui prova incombe al danneggiato – tra l’esercizio dell’attività e l’evento dannoso, non potendo il soggetto agente essere investito da una presunzione di responsabilità rispetto ad un evento che non è ad esso in alcun modo riconducibile. Sotto il diverso profilo della colpa, incombe, invece, sull’esercente l’attività pericolosa l’onere di provare di avere adottato tutte le misure idonee a prevenire il danno (Cass.5080/06; Cass. 19449/08; Cass. 4792/01; Cass. 12307/98). Nel caso di specie, dunque, l’attore non ha fornito alcuna prova del danno e del nesso eziologico con il presunto illecito trattamento dei dati.