Il 2 marzo 2023 è stato pubblicato il Protocollo sul processo civile in Cassazione siglato dalla Corte di cassazione, dalla Procura Generale della Corte di cassazione, dall’Avvocatura Generale dello Stato e dal Consiglio Nazionale Forense. Il Protocollo sostituisce quelli adottati dal 2015 al 2021 ed è finalizzato ad attuare la riforma del d.lgs. n. 149 del 2022. Come si è avuto modo di rilevare in un precedente contributo, la riforma sancisce il principio generale della chiarezza e della sinteticità degli atti nel processo civile.
Con particolare riferimento al ricorso in Cassazione l’art.366 c.p.c. stabilisce che esso, a pena di inammissibilità, deve contenere, tra l’altro, “la chiara esposizione dei fatti della causa essenziali alla illustrazione dei motivi di ricorso e 4) la chiara e sintetica esposizione dei motivi per i quali si chiede la cassazione, con l’indicazione delle norme di diritto su cui si fondano.” In base all’art. 370 c.p.c. le medesime regole redazionali si estendono anche al controricorso. Più in generale l’art.46 disp. att. c.p.c., poi, stabilisce che con un decreto ministeriale siano definiti gli schemi informatici degli atti giudiziari. Essi devono prevedere dei campi nei quali inserire i dati essenziali che migreranno in automatico nei registri informatici. Inoltre, il decreto ministeriale deve fissare anche i limiti dimensionali degli atti e dei provvedimenti che, dovendo essere depositati e consultati telematicamente, non possono essere prolissi.
Il protocollo pubblicato il 2 marzo 2023 definisce gli elementi del ricorso e, più in generale, degli atti relativi al procedimento in Cassazione, delineando un vero e proprio schema. Inoltre, il documento indica anche i limiti dimensionali degli atti, con la doverosa precisazione che il mancato rispetto non determina l’inammissibilità o l’improcedibilità, salvo che ciò non sia previsto dalla legge. Infatti, il legislatore, pur valutando l’importanza e la necessità di codificare i principi della chiarezza e della sinteticità degli atti, non ha previsto alcuna specifica sanzione in caso di mancato rispetto di tali principi, né sembra aver fornito al giudice uno strumento da utilizzare qualora gli atti siano poco chiari e sintetici.
In ogni caso, la mancanza di chiarezza dell’atto può determinarne la nullità, qualora renda assolutamente incerto il petitum o la causa petendi con conseguente applicazione dell’art. 164 c.p.c., e assegnazione di un termine perentorio per l’integrazione dell’atto di citazione. Inoltre, può rilevare anche ai fini della non contestazione ex art.115 c.p.c.
Invece, la mancanza di sinteticità, è priva di una sanzione, seppur indiretta. Peraltro, l’art.46 disp. att. C.p.c., in attuazione della delega stabilisce che “Il mancato rispetto delle specifiche tecniche sulla forma e sullo schema informatico e dei criteri e limiti di redazione dell’atto non comportano invalidità, ma possono essere valutati dal giudice ai fini della decisione sulle spese del processo.” Né al giudice è riconosciuto espressamente il potere di invitare le parti a riformulare l’atto non sintetico. Tuttavia, tale potere può discendere dall’art. 175, comma 1, c.p.c., in base al quale il giudice esercita tutti i poteri intesi al più sollecito e leale svolgimento del processo. Ove l’atto non sintetico non fosse riformulato, poi, si potrebbe applicare l’art. 116, comma 2, c.p.c., che consente al giudice di trarre argomenti di prova anche dal contegno delle parti nel processo. Inoltre, in base all’art. 4, comma 7, del d.m. n. 55 del 2014, l’adozione di condotte abusive tali da ostacolare la definizione dei procedimenti in tempi ragionevoli costituisce elemento di valutazione negativa, in sede di liquidazione giudiziale del compenso del difensore.
Il Protocollo in esame, fornisce indicazioni molto dettagliate che attengono ai dati essenziali da inserire nell’atto tra i quali figurano anche il codice relativo alla materia, le parole chiave (10 parole che definiscano la materia del contendere), un abstract dei motivi con l’indicazione del numero della pagina dell’atto ove ciascuno di essi è formulato e, se possibile, il link ipertestuale.
Allo svolgimento del processo devono essere riservate non più di 5 pagine, mentre alla formulazione dei motivi, non più di 30 pagine nelle quali vanno indicati gli atti e i documenti allegati, di cui è necessario riassumere i contenuti rilevanti, indicando, altresì, la pagina da consultare e inserendo eventualmente i link ipertestuali. E’ necessario indicare anche il momento in cui gli atti e i documenti sono stati depositati nei precedenti gradi di giudizio. Non si devono riprodurre pedissequamente parti di atti e di documenti. Il controricorso e il ricorso incidentale devono seguire le stese regole valide per il ricorso.
Il protocollo fornisce anche indicazioni in merito al layout di pagina (dimensione del carattere, interlinea e margini) di tutti gli atti in Cassazione.
Le memorie non devono superare le 15 pagine
Il superamento del limite dimensionale degli atti è consentito solo se specificamente motivato, laddove le questioni trattate siano particolarmente complesse e non ragionevolmente comprimibili. Solo la proposizione del ricorso incidentale legittima un superamento ragionevole del limite delle 30 pagine, senza bisogno di alcuna motivazione.
Ove le motivazioni poste a supporto dello sforamento del limite appaiano infondate, il giudice può tenerne conto ai fini della liquidazione delle spese. L’utilizzo dei link ipertestuali, come è noto, comporta l’aumento del compenso liquidato al legale.
Pertanto, concludendo, per esporre lo svolgimento del processo e per formulare i motivi o le difese possono essere utilizzate fino a 35 pagine con carattere 12, interlinea 1,5 e margini di almeno 2,5 cm.