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Mutuo fondiario: gli effetti del superamento del limite di finanziabilità dell’80%

Come già evidenziato nel precedente contributo “Una rassegna della recente giurisprudenza in materia di mutuicon riferimento al credito fondiario  definito dall’art.38 I comma del Testo Unico in materia Bancaria (TUB) come  l’operazione avente ad oggetto la “concessione, da parte di banche, di finanziamenti a medio e lungo termine garantiti da ipoteca di primo grado su immobili”   si pone il problema degli effetti giuridici prodotti dal  superamento del limite di finanziabilità che la Banca d’Italia, in conformità delle deliberazioni del CICR, ha determinato nella misura dell’80% del valore dei beni ipotecati o del costo delle opere da eseguire sui beni medesimi. Tale percentuale è elevabile al 100%  nel caso in cui il mutuatario  rilasci anche  garanzie integrative.

L’importo finanziato non può  superare il limite dell’80% del valore dei beni ipotecati o del costo delle opere da eseguire su di essi.

Negli  ultimi anni si è registrato un importante mutamento dell’orientamento della giurisprudenza di legittimità che, inizialmente, (corte Cass. sentenza n. 26672 del 28 novembre 2013) ha affermato che dalla violazione del limite di finanziabilità pari all’80% del valore dell’immobile, non possa discendere la nullità del contratto di mutuo fondiario per contrarietà a norme imperative posto  che l’art.38 TUB non incide sul sinallagma contrattuale ma investe esclusivamente il comportamento della banca tenuta ad attenersi al limite prudenziale ivi stabilito. Secondo tale orientamento, il superamento del limite, comporta solo  la violazione di norme di buona condotta e l’irrogazione delle sanzioni previste dall’ordinamento bancario, senza ingenerare una causa di nullità, parziale o meno, del contratto di mutuo.

Pertanto, il mutuo fondiario resta tale e la banca continua a beneficiare dei privilegi connessi che consistono, in primo luogo, nel poter contare su un’ ipoteca di primo grado. Inoltre, la banca si può soddisfare in via privilegiata sul ricavato dalla vendita dell’immobile ipotecato, può avviare la procedura esecutiva senza notificare preliminarmente il titolo esecutivo e può  iniziare o proseguire  l’azione esecutiva sui beni ipotecati anche dopo la dichiarazione di fallimento del debitore.

La più recente e unanime giurisprudenza di legittimità (in tal senso si vedano Corte Cass. n.17352 del 2017; n.19015 del 2017; n.19531 del 2017; n.11543 del 2017; n.11201 del 09.05.2018; n. 9079 del 12.4.2018; n.17439 del 2019; n. 31057 del 2019; n.1193 del 2020; n. 16776  del 14.06.2021) condivisa dalla giurisprudenza di merito (Trib. Paola 13.12.2018; Trib. Monza n 12.10.2018; Tribunale Pistoia, 20.12.2018; App. Venezia, 25.06.2019; Trib. Fermo, 23.01. 2020; Trib. Reggio Emilia, 22.07.2020 )  ha statuito che nel caso in cui, in violazione di quanto disposto dall’art.38 TUB, ricorra il superamento del limite di finanziabilità ivi previsto e fissato nell’80% del valore di mercato dell’immobile ipotecato, il mutuo fondiario è nullo, essendo privo di uno di quei requisiti essenziali e caratteristici della nozione di credito fondiario previsti dalla citata disposizione normativa.

Il limite massimo di concedibilità del finanziamento, infatti, come rilevato dalla Corte di Cassazione,  trova  la propria giustificazione in esigenze di perseguimento di obiettivi economici generali. La disciplina dell’art. 38 TUB e delle norme regolamentari afferenti, non è riconducibile nell’area del comportamento in fase prenegoziale in quanto la soglia stabilita per il finanziamento ha la funzione di regolare il quantum della prestazione creditizia,  in modo da incidere direttamente sulla fattispecie che ha una rilevanza pubblica. Infatti, il mutuo fondiario, come si è detto, gode di una peculiare disciplina in ragione della sua natura pubblicistica, che si concretizza, non solo nella funzione economica che le banche svolgono nella raccolta e nel reimpiego del risparmio, ma, soprattutto, nella funzione sociale che il sistema assolve. Pertanto, la legge prevede un  meccanismo che toglie al mutuante e al mutuatario ogni libertà di azione imponendo ad essi la rigorosa osservanza delle specifiche norme in materia ed, in particolar modo, quelle che riguardano i limiti di somme erogabili e garanzie.

 L’art.38 TUB, dunque,  non tende a tutelare la stabilità patrimoniale della singola banca, ma persegue interessi economici nazionali pubblici. La soglia di finanziabilità è un limite inderogabile dall’autonomia privata  imposto per evitare che le banche assumano esposizioni finanziarie oltre un limite di ragionevolezza a favore di terzi, senza adeguate contropartite e garanzie.

Il mancato rispetto del limite di finanziabilità, ai sensi dell’art. 38, comma 2 TUB  e della conseguente Delibera CICR, quindi, determina di per sé la nullità totale  del contratto di mutuo fondiario.

In sintesi, la Corte di Cassazione ha sostenuto che: a) l’art. 38 TUB costituisce norma imperativa ed inderogabile, che si rivolge al contenuto del contratto; b) contiene una regola di validità del contratto e non soltanto una regola di comportamento destinata alla Banca, come invece contemplato per altri profili dall’art. 117 TUB.; c) il mutuo fondiario, quindi, se stipulato in violazione dell’art. 38 TUB è nullo; d) la nullità determina l’incapacità del contratto di produrre il proprio effetto di titolo esecutivo e di consentire la “valida” costituzione di un’ipoteca.

Tuttavia, la Corte di Cassazione nella citata giurisprudenza fa salva  la possibilità di conversione del mutuo fondiario che superi il limite di finanziabilità, in un ordinario finanziamento ipotecario. Tale conversione non può essere disposta d’ufficio dal Giudice ma può seguire solo  ad una specifica istanza del mutuante ex art.1424 c.c. da formulare nella prima difesa utile, qualora, avuto riguardo alle circostanze del caso concreto e all’intento pratico perseguito dalle parti, emerga che il conseguimento dei peculiari vantaggi fondiari  non abbia costituito la ragione unica o determinante dell’operazione.

Nella più recente giurisprudenza di merito non mancano, tuttavia, voci dissonanti rispetto all’orientamento ormai consolidato della Corte di Cassazione. Si segnala, in particolare, la pronuncia del  Tribunale di Verona del 15.4.2021 ove i giudici rilevano che “l’effetto della nullità del mutuo erogato in violazione della previsione di cui all’art. 38, secondo comma, t.u.b. rischia di frustrare proprio l’interesse della collettività nazionale alla stabilità bancaria in quanto:

– il finanziamento diviene improduttivo d’interessi corrispettivi di tal ché la banca potrebbe chiedere la restituzione del solo capitale erogato a titolo di indebito oggettivo ex art. 2033 cod. civ.;

– l’iscrizione ipotecaria perderebbe d’efficacia, di tal ché il soddisfacimento, peraltro sul solo capitale prestato, dell’istituto di credito avverrebbe in condizioni paritetiche con gli altri creditori chirografari e dopo gli eventuali privilegiati e, quindi, in via del tutto eventuale ed in misura quasi sempre inferiore al valore nominale del credito vantato.

La nullità dei mutui fondiari in cui il capitale erogato supera il limite massimo di finanziabilità sarebbe, quindi, una conseguenza del tutto irrazionale rispetto all’interesse pubblico presidiato dalla norma imperativa violata: la nullità, allora, non sarebbe solo un mezzo eccedente rispetto al fine protetto dalla norma e, dunque, sproporzionato, ma addirittura una conseguenza distonica rispetto al fine e, dunque, irragionevole.”

Nello stesso senso, la Corte d‘appello di Firenze con sentenza del 30.06.2021  ha rilevato che “La soluzione della nullità radicale del rapporto non convince, anzi desta perplessità, in quanto appare disarmonica al sistema e addirittura contraria al più elementare buon senso”.

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