La cessione del credito produce un mutamento del rapporto obbligatorio dal lato attivo, determinando il trasferimento della titolarità del diritto, dal cedente al cessionario.
La legge n.130 del 1999 disciplina in modo specifico le operazioni di cartolarizzazione dei crediti. Tali operazioni si realizzano con la cessione a titolo oneroso di crediti pecuniari, sia esistenti, sia futuri, individuabili in blocco, se si tratta di una pluralità di crediti, mediante la sottoscrizione o l’acquisto di obbligazioni e titoli similari ovvero cambiali finanziarie, esclusi, comunque, titoli rappresentativi del capitale sociale, titoli ibridi e convertibili, da parte della società emittente i titoli.
Con riferimento specifico al settore bancario e dell’intermediazione finanziaria, la cartolarizzazione è una complessa operazione che viene realizzata con una società cosiddetta veicolo (SPV) cioè una società finanziaria che ha il compito di trasferire a vari investitori, i crediti che hanno scarsa possibilità di essere recuperati dalle banche e dagli intermediari, che li hanno generati. Le società veicolo acquisiscono i crediti ad un determinato prezzo ed emettono dei titoli obbligazionari riferiti al credito medesimo. Con questa operazione i crediti vengono trasformati in carta (per questo motivo si parla di cartolarizzazione). Le società veicolo finanziano l’acquisto effettuato, immettendo sul mercato i titoli obbligazionari.
Per il debitore, l’operazione di cartolarizzazione determina il mutamento del soggetto legittimato ad esigere il pagamento del debito che non è più la banca o l’intermediario con il quale, in origine, è stato contratto, bensì la società cessionaria oppure un suo mandatario.
In linea generale, il debitore non è parte del negozio di cessione, che produce effetti nei suoi confronti solo successivamente all’accettazione oppure alla notifica, ai sensi dell’art.1264 c.c..
Tuttavia, la disciplina delle cartolarizzazioni dei crediti, prevede una deroga alla normativa codicistica.
Infatti, l’art. 4 della legge n.130 stabilisce che “Alle cessioni dei crediti poste in essere ai sensi della presente legge si applicano le disposizioni contenute nell’articolo 58, commi 2, 3 e 4, del testo unico bancario (T.U.B.).” L’art. 58 comma 2, 3 e 4, del T.U.B. rubricato “Cessione dei rapporti giuridici” prevede un regime semplificato di notifica in caso di cessione a banche, di aziende, di rami d’azienda, di beni e rapporti giuridici individuabili in blocco, disponendo, in primo luogo, che la cessione deve essere notificata al debitore ceduto mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e deve essere iscritta presso il Registro delle Imprese.
La normativa in esame stabilisce, altresì, che il cessionario conserva i privilegi e le garanzie ipotecarie stabilite a favore del cedente, senza bisogno di alcuna formalità.
Lo strumento della cessione dei crediti in blocco mediante la cartolarizzazione è ampiamente utilizzato dalle banche e dagli intermediari finanziari per cedere i crediti vantati nei confronti di debitori che non sono più capaci di far fronte a tutte o parte delle loro obbligazioni contrattuali, a causa della difficile situazione economica in cui versano.
Tali crediti sono definiti NPL – Non Performing Loans ovvero “prestiti non performanti”. La Banca d’Italia ha classificato gli NPL in tre sottoclassi:
- Le sofferenze (bad loans) che si hanno quandoil debitore si trova ormai in una situazione di insolvenza e non è in grado di tenere fede agli impegni finanziari.
- Le inadempienze probabili o UTP (unlikely to pay) che si hanno quando il debitore potrebbe trovarsi in difficoltà nell’adempiere ma non si trova ancora in stato di insolvenza e le probabilità di recupero sono maggiori rispetto a quelle che caratterizzano le sofferenze.
- Le esposizioni scadute e/o sconfinate che si hanno quando il debitore ha accumulato ritardi nei pagamenti del debito ma si ritiene che le difficoltà siano solo temporanee e che dovrebbe riuscire a recuperare in seguito (Overdrawn and/or past-due exposures).
Per effetto della cessione in blocco la società cessionaria acquista la titolarità del credito e può esigerne il pagamento dal debitore invitandolo e diffidandolo a provvedere al pagamento e, in mancanza, notificandogli un decreto ingiuntivo oppure, in presenza di un mutuo con formula esecutiva, direttamente un atto di precetto e, successivamente un pignoramento.
A questo punto, il debitore, ricevuta la richiesta stragiudiziale o giudiziale di pagamento da un soggetto diverso dall’Istituto di credito con cui aveva instaurato il rapporto, prima ancora di verificare se le somme richieste siano effettivamente dovute e la pretesa sia legittima alla luce dei documenti depositati in giudizio dal presunto creditore, deve avere certezza che quest’ultimo abbia effettivamente acquisito in modo valido la titolarità del credito che pretende di esigere. E’ indispensabile, quindi, che la cessionaria che agisce in giudizio fornisca la prova che il credito sia tra quelli oggetto della cessione e che quest’ultima sia stata validamente realizzata e non sia inficiata da vizi.
Si pone, quindi, il problema di come la società cessionaria debba fornire la prova della titolarità del diritto di credito che pretende di esigere.
Le società cessionarie, in genere, si limitano a depositare in giudizio la copia dell’avviso pubblicato in Gazzetta Ufficiale per notificare la cessione ai debitori, o, al più, la comunicazione che inviano a ciascun debitore per sollecitare il pagamento e fornirgli i recapiti e gli estremi per gli accrediti. In tali comunicazioni, tuttavia, il credito è indicato con un riferimento meramente interno (numero NDG). Negli avvisi pubblicati in Gazzetta Ufficiale, poi, i crediti ceduti non sono specificamente elencati ma, in alcuni casi, sono distinti per tipologia, con definizioni generali, in altri, invece, si rinvia con un link al sito della cessionaria dove si trova l’elenco dei crediti ceduti, sempre indicati per NDG.
Come stabilito dalla più recente giurisprudenza di legittimità (Corte Cass., 5 Novembre 2020, n.24798; Corte Cass., 28 Febbraio 2020, n. 5617) “l’iscrizione nel registro delle imprese e la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale danno notizia di una cessione avvenuta, senza che tuttavia siano specificati i contorni dei crediti che ne sono oggetto, né la reale validità/efficacia dell’operazione posta in essere. In questa prospettiva (dell’enunciazione minimale di un mero fatto di cessione), la pubblicazione nella Gazzetta può costituire, al più, elemento indicativo dell’esistenza materiale di un fatto di cessione, come intervenuto tra due soggetti in un dato momento e relativo – in termini generici, se non proprio promiscui – ad “aziende, rami di azienda, beni e rapporti giuridici individuabili in blocco” (art. 58, comma 1 TUB). Ma di sicuro non dà contezza – in questa sua “minima” struttura informativa – degli specifici e precisi contorni dei crediti che vi sono inclusi ovvero esclusi, nè tanto meno consente di compulsare la reale validità ed efficacia dell’operazione materialmente posta in essere. E’ per contro principio ricevuto della giurisprudenza di questa Corte che colui, che “si afferma successore (a titolo universale o particolare) della parte originaria” ai sensi dell’art. 58 TUB, ha l’onere puntuale di “fornire la prova documentale della propria legittimazione”, con documenti idonei a “dimostrare l’incorporazione e l’inclusione del credito oggetto di causa nell’operazione di cessione in blocco” (cfr. così, puntualmente, Cass., 2 marzo 2016, n. 4116).”
Pertanto, in base a quanto stabilito da un parte della giurisprudenza della Suprema Corte, la pubblicazione dell’avviso di cessione in Gazzetta Ufficiale necessaria ai fini dell’efficacia della cessione stessa, non è sufficiente a dimostrare l’esistenza del contratto di cessione ed il suo specifico contenuto.
La giurisprudenza di merito più recente (Tribunale di Ferrara 9.4.2019; Tribunale di Napoli 23.5.2019; Trib. Rimini 19.3.2020; Trib. Salerno 19.8.2020; Tribunale di Roma 11.01.2021 Tribunale di Reggio Emilia, 20.01.2021; Tribunale di Prato, 29 marzo 2021; Tribunale di Napoli, 22 aprile 2021; Trib. Ancona, 5 maggio 2021; Corte app. Roma 20 maggio 2021;Trib. Firenze 6 Luglio 2021; Trib. Spoleto, 6 settembre 2021; Trib. Milano 16 settembre 2021) ha recepito l’orientamento della Corte di Cassazione in precedenza citato e si sta progressivamente e rapidamente consolidando nell’affermare che l’avviso di cessione di crediti oggetto di cartolarizzazione pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale non prova il perfezionamento della fattispecie traslativa.
La prova della titolarità del credito richiede necessariamente la produzione del contratto di cessione, non bastando la dichiarazione della cessionaria contenente l’elenco delle posizioni cedute, individuate con codici numerici. Nè è sufficiente l’estratto della Gazzetta Ufficiale, con il quale è stata data notizia dell’avvenuta operazione di cartolarizzazione, nel quale non sono fornite indicazioni specifiche, puntuali e dettagliate, per l’individuazione delle singole posizioni cedute, e si rinvia, per relationem, ad altre fonti.
E’, quindi, indispensabile che sia allegato l’atto di cessione attraverso il quale si ha certezza dell’inclusione dello specifico credito tra quelli ceduti e si può verificare che il negozio traslativo sia stato validamente realizzato dalle parti e sia privo di vizi che ne inficino la validità.