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Il lavoro è dedicato al tema di grande attualità relativo al rapporto intercorrente tra la disciplina delle intercettazioni e le garanzie costituzionali della libertà e della segretezza della corrispondenza e delle altre forme di comunicazione e della libertà di manifestazione del pensiero, rispettivamente riconosciute e tutelate dagli artt.15 e 21 Cost.
Il primo capitolo analizza le norme del codice di procedura penale, che disciplinano le intercettazioni. Esse sono il mezzo di ricerca della prova che consiste nell’attività svolta, all’insaputa degli interessati, di ascolto o di lettura e di registrazione delle comunicazioni tra due o più persone determinate che si trovano a distanza tra loro e che scambiano messaggi per il mezzo del telefono o di altro strumento, atto ad assicurare la riservatezza del segnale, oppure che avvengono tra due o più persone presenti fisicamente in uno stesso luogo, con modalità tali da assicurare la riservatezza delle relative comunicazioni. Il codice di procedura penale non fornisce una definizione di intercettazione di conversazioni o di comunicazioni e ne detta la disciplina negli artt. 266-271 c.p.p.. In realtà le intercettazioni, molto più degli altri mezzi di ricerca della prova e, dunque, delle perquisizioni, delle ispezioni e dei sequestri, determinano stati di soggezione, incidono sui diritti di libertà e tendono a sorprendere. Con l’avvento della Costituzione repubblicana e della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali attraverso le quali sono stati riconosciuti e garantiti fondamentali diritti di libertà agli individui, il legislatore ha dovuto rivedere la disciplina delle intercettazioni, senza riuscire, tuttavia, ad assicurare la piena tutela delle garanzie costituzionali poste dagli artt.15 e 21 Cost.
Nel secondo e nel terzo capitolo, quindi si esaminano le citate disposizioni Costituzionali.
Dopo aver individuato le criticità della disciplina codicistica in tema di intercettazioni rispetto agli artt.15 e 21 Cost., nel quarto capitolo si ricostruiscono i più recenti provvedimenti legislativi e disegni di legge realizzati nell’intento di garantire un equo e corretto bilanciamento tra i diversi interessi e diritti in gioco. Come si è detto, infatti, quando si affronta il tema delle intercettazioni è necessario considerare che esse costituiscono senz’altro un fondamentale strumento di ricerca della prova di reati di particolare disvalore sociale che, spesso, non potrebbero essere altrimenti perseguiti. Le esigenze connesse alla repressione penale, tuttavia, devono essere bilanciate con il diritto alla libertà e alla segretezza della corrispondenza e delle altre forme di comunicazione e, nel contempo, con il diritto di manifestazione del pensiero nella specifica forma del diritto di cronaca che trova un limite nel diritto alla riservatezza.
Purtroppo, tuttavia, i più recenti interventi legislativi sul tema delle intercettazioni e, in particolare, il d.l. n. 259 del 2006 convertito nella legge n.281 del 20 novembre 2006 recante «Disposizioni urgenti per il riordino della normativa in tema di intercettazioni telefoniche», non hanno offerto una soluzione equilibrata, né i disegni di legge presentati nelle successive legislature e anche in quella attuale affrontano correttamente il problema. Essi, infatti, si limitano ad anteporre la tutela della riservatezza, al diritto di cronaca. I disegni di legge presentati e discussi nelle ultime legislature, dunque, propongono una soluzione che non è certo equilibrata e che non è in grado di bilanciare i diversi interessi in gioco.
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