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Manipolazione dell’Euribor: la parola passa alle Sezioni Unite

L’Euribor e la violazione della normativa antitrust

L’Euribor è un indice di riferimento utilizzato sui mercati monetari internazionali per indicare il costo dei prestiti interbancari in euro.

Esso è definito come un indice del «tasso al quale sono offerti depositi a termine in euro nel mercato interbancario da una banca primaria a un’altra banca primaria all’interno della zona euro». L’Euribor non è un tasso fissato dalle Banche, ma è, al contrario, un dato oggettivo, rilevato e pubblicato da un’agenzia terza, la Thomson Reuters, incaricata dalla Federazione Bancaria Europea.

L’indice è costituito dalla media ponderata (escludendo dal computo il 15% dei valori più alti e più bassi) dei tassi applicati, nelle operazioni interbancarie, da un gruppo consistente delle più rilevanti banche europee.

Nel 2011 si avviò un’indagine per verificare l’esistenza di un cartello tra le Banche finalizzato a manipolare il tasso Euribor. Con il provvedimento della Commissione Antitrust Europea C (2013) 8512/1 del 4.12.2013, si accertò che nel periodo tra il 29 settembre 2005 e il 30 maggio 2008 alcune banche che facevano parte del panel di riferimento per la determinazione dell’Euribor avevano deliberatamente manipolato il tasso.

In particolare, le indagini accertarono che alcune Banche avevano instaurato un cartello nella definizione del tasso Euribor violando l’art. 101 del Trattato dell’UE e l’art. 53 dell’Accorso EEA. La decisione evidenziò e sanzionò una serie di pratiche illecite come la comunicazione tra operatori di diverse banche riguardo le preferenze per un fixing invariato, basso o elevato dell’Euribor, e lo scambio di informazioni dettagliate e non pubbliche sulle posizioni di negoziazione. Tuttavia, dal citato provvedimento non emerse una chiara indicazione che tali pratiche avessero concretamente alterato il valore dell’Euribor.

Gli effetti sui contratti a valle

A seguito del provvedimento con cui la Commissione ha accertato l’illiceità della manipolazione dell’Euribor si è sviluppato un contenzioso finalizzato a conseguire l’accertamento e la dichiarazione dell’invalidità della pattuizione degli interessi dei singoli contratti stipulati a valle dell’intesa anticoncorrenziale e la restituzione dell’indebito per il periodo dal 29 settembre 2005 al 30 maggio 2008.

Parte della giurisprudenza ha dichiarato l’invalidità dei tassi pattuiti nei singoli contratti di mutuo, sostenendo che la manipolazione dell’Euribor li avesse alterati.

Secondo un altro orientamento, invece, la nullità dei tassi di interesse è da escludere, e si ipotizza la possibilità di un risarcimento per i danni subiti dai mutuatari. Secondo altra giurisprudenza, poi, la manipolazione dell’Euribor e le sue conseguenze sono considerate rilevanti solo per quelle banche che hanno effettivamente partecipato all’accordo illecito sanzionato dalla Commissione.

L’ordinanza della Corte di Cassazione n.34889 del 13.12.2023

La Corte di Cassazione con l’ordinanza n.34889 del 2023 ha stabilito che la manipolazione dell’Euribor accertata per il periodo dal 29 settembre 2005 al 30 maggio 2008, determina l’invalidità delle pattuizioni dei tassi di interesse dei mutui ove si fa riferimento a tale indice.

La nullità dei tassi di interesse non riguarda soltanto i mutui contratti con le banche direttamente coinvolte nella manipolazione dell’Euribor, ma si estende a tutte le banche che hanno utilizzato tale indice per calcolare gli interessi.

In particolare, la Suprema Corte ribadisce che il provvedimento con il quale la Commissione nel 2013 ha accertato la condotta anticoncorrenziale delle banche rappresenta una prova privilegiata. Di conseguenza, i tassi di interesse applicati ai mutui in quel lasso di tempo possono essere considerati invalidi e i mutuatari potrebbero chiedere la restituzione dell’indebito, cioè la differenza tra il tasso pattuito e il tasso sostitutivo ex art 117 TUB, presumibilmente inferiore.

Naturalmente il rilievo di tale ordinanza è notevole, riguardando numerosi contratti e ha alimentato un vasto contenzioso.

Il provvedimento della Procura Generale

Nell’ambito di un ricorso in Cassazione proposto nel 2022, relativo ad una opposizione all’esecuzione, la società ricorrente ha denunciato la violazione della L. n. 287 del 1990 e dell’art. 101 TFUE nonché la nullità della clausola del contratto di mutuo con la quale i tassi di interesse erano ancorati al tasso Euribor per il periodo 2005/2008. La Corte, ritenuto che la questione giuridica, per novità e importanza, assuma indubbia valenza nomofilattica, ha disposto la trattazione della causa in pubblica udienza.

Ebbene, il Pubblico Ministero nel provvedimento del 7 marzo 2024 di seguito allegato, ritiene che sia necessaria una rimeditazione di quanto stabilito dall’ordinanza n. 34889 del 2023 in quanto, nella declaratoria di nullità dei tassi “manipolati” e nella rideterminazione degli interessi per il periodo 2005-2008, essa prescinde da alcuni necessari accertamenti, essendosi esclusivamente basata sul mero contenuto del “dispositivo” della decisione della Commissione Antitrust Europea C (2013) 8512/1 del 4.12.2013 .

In particolare, secondo il Pubblico Ministero la decisione della Commissione europea varrebbe come prova privilegiata delle condotte illecite, solo per le banche direttamente coinvolte nel relativo accertamento. In ogni caso essa non fornisce la prova dell’eventuale sussistenza del danno e del nesso di causalità tra le pratiche anticoncorrenziali accertate ed il danno presunto subito.

Pertanto, per ottenere la dichiarazione di nullità del tasso pattuito che rinvia all’Euribor, soprattutto ove si voglia agire contro soggetti non partecipanti alle accertate condotte, occorre provare che la condotta illecita sanzionata dalla Commissione abbia portato ad una effettiva alterazione dell’Euribor. In assenza di tale dimostrazione, non sussistono ragioni valide per dichiarare la nullità delle pattuizioni sui tassi che rinviano all’Euribor, ove tale indice non sia stato effettivamente alterato.

Inoltre, il Pubblico Ministero rileva che il giudice non può omettere di valutare tutti gli elementi di prova offerti dalla banca per contrastare le presunzioni, o per dimostrare che la sequenza causale percorsa risulta spezzata da uno o più fatti diversi che, da soli, sono stati idonei a procurare il danno, oppure, ancora, per accertare che quei fatti, insieme con l’intesa illecita, abbiano assunto il carattere di equivalenti (e, dunque, concorrenti) causali nella produzione del danno.

Pertanto, la Procura Generale ha chiesto al primo Presidente di valutare l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.


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