La proposizione di due domande non cumulabili comporta il rigetto di entrambe

Il Tribunale di Benevento con una recentissima sentenza ha affrontato il tema degli effetti della proposizione, nel medesimo giudizio, di due domande non cumulabili. La controversia ha avuto ad oggetto un contratto preliminare di compravendita del pacchetto azionario di una società. Nel contratto la società cedente si impegnava, oltre che a stipulare il contratto definitivo, anche a manlevare la società cessionaria da qualsiasi eventuale sopravvenuta perdita, spesa, costo o danno derivante dall’esistenza di passività non evidenziate nel bilancio. Nel medesimo contratto le parti avevano anche convenuto il pagamento di una penale in caso di inadempimento delle obbligazioni contrattuali.

La società cessionaria lamentava di aver subito perdite connesse a partire debitorie non evidenziate dal cedente e, dunque, tenuto conto delle citate clausole contrattuali, adiva l’autorità giudiziaria per conseguire, sia la condanna della società cedente all’adempimento dell’obbligazione di garanzia, sia la condanna al pagamento della penale da inadempimento contrattuale.

Il Tribunale di Benevento ha rilevato che, come è noto,  ai sensi dell’art. 1383 c.c. “Il creditore non può domandare insieme la prestazione principale e la penale, se questa non è stata stipulata per il semplice ritardo.

Infatti è necessario evitare che il contraente non inadempiente consegua due volte la tutela dell’unico interesse perseguito.

Il giudice, dunque, aderendo all’orientamento della Corte di Cassazione (Corte Cass. sentenza n. 5887del 2001), ha rigettato entrambe le domande attoree precisando che “la proposizione di due domande non cumulabili comporta il rigetto di entrambe, atteso che non è consentito all’autorità giudiziaria di operare una scelta in ordine a quale domanda dare seguito, scelta che solo la parte può operare”.

La Corte d’Appello di Napoli a proposito della ricostruzione degli atti contenuti nei fascicoli d’ufficio smarriti

Con una recente sentenza (n.698 del 21 febbraio 2013) la Corte d’Appello di Napoli ha affrontato il tema della ricostruzione del verbale di  udienza, andato smarrito.

Nel  corso del giudizio di primo grado costituito da un’opposizione ad un decreto ingiuntivo, veniva a mancare una delle due parti opponenti. Per effetto di tale evento che era stato reso noto in udienza, il giudice aveva dichiarato interrotto il giudizio. Tuttavia,  come purtroppo accade nelle cancellerie degli uffici giudiziari, era andato smarrito il fascicolo d’ufficio nel quale, come dispone l’art.168 c.p.c., erano inseriti anche i processi verbali d’udienza di cui le parti non avevano estratto copia. Pertanto, nel caso di specie, era venuta meno la prova che il difensore costituito della parte venuta a mancare avesse effettivamente reso noto l’evento in quella specifica  udienza e che,  dichiarato interrotto il giudizio sulla base di tale presupposto, fosse decorso il termine per la riassunzione da parte dell’altro opponente.

Per effetto della mancata riassunzione, il giudice di primo grado ha dichiarato estinto il giudizio, sulla base di una ricostruzione del verbale d’udienza effettuata attraverso l’acquisizione della copia del ruolo d’udienza dal quale si evinceva solo l’avvenuta dichiarazione di interruzione del giudizio. Il giudice non aveva ritenuto necessario acquisire elementi di sorta circa l’esistenza della dichiarazione della morte della parte in udienza.

Tenuto conto dell’evidente nocumento recato da tale sentenza all’opponente, quest’ultimo l’ha impugnata dinanzi alla Corte d’Appello di Napoli che ha censurato il provvedimento, intervenendo sul tema della ricostruzione degli atti contenuti nel fascicolo d’ufficio andato smarrito, con particolare riferimento ai verbali d’udienza, dei quali non sempre le parti estraggono copia.

Nel nostro ordinamento la questione è disciplinata dal RD del 15 novembre 1925 n.2071 che, tuttavia, trova applicazione solo in caso di eventi eccezionali come terremoti, inondazioni o altre pubbliche calamità o tumulti popolari. Tale legge dispone che  il presidente del Tribunale, su ricorso dell’interessato, il quale provi che la distruzione degli atti o documenti sia avvenuta nelle circostanze indicate, può ordinare che le copie occorrenti per sostituire gli atti e i documenti distrutti, se l’originale o altre copie di essi si trovino depositati in pubblici archivi, siano dai depositari rilasciate in carta libera con esenzione da qualsiasi tassa o diritto, facendosi espressa menzione del motivo per il quale vengono rilasciati in esenzione da tasse.

Nei numerosi casi in cui il RD del 1925 non può trovare applicazione, come statuito dalla Corte di Cassazione (da ultimo si veda Corte Cass. sentenza n. 9269 del 19.04.2010), mancando la previsione di uno specifico procedimento nella disciplina del processo civile, è possibile applicare analogicamente le norme di cui agli artt.112 e 113 c.p.p..

Tenuto conto di ciò, la Corte d’Appello di Napoli, nella sentenza in esame ha rilevato che la ricostruzione degli atti processuali e, dunque, anche dei verbali d’udienza, qualora, come nel caso esaminato, non siano disponibili copie, avviene ai sensi dell’art.113 c.p.p. ove è stabilito che il giudice, anche di ufficio, deve accertare il contenuto dell’atto mancante e stabilire con ordinanza se e in quale tenore esso deve essere ricostituito.

L’accertamento può avvenire attraverso la minuta dell’atto mancante, riconosciuta come propria dal giudice che l’ha stesa. Laddove quest’ultima non sia reperibile, il giudice dispone con ordinanza la rinnovazione dell’atto mancante, se necessaria e possibile, prescrivendone il modo ed eventualmente indicando anche gli altri atti che devono essere rinnovati.

Secondo la Corte, di sicuro, la ricostruzione effettuata attraverso l’impiego del ruolo d’udienza è censurabile in quanto non vi è certezza in merito all’assoluta corrispondenza tra quanto in esso riportato e gli avvenimenti processuali. Pertanto, “il potere discrezionale di cui gode il giudice nello stabilire se ed in quale tenore l’atto deve essere ricostruito come riconosciuto dalla norma processuale penalistica, incontra inevitabilmente il limite rappresentato dalla effettività e attendibilità intrinseca della ricostruzione, risolvendosi altrimenti in arbitrio”.

La Corte d’Appello, dunque, sulla base di tale considerazione ha dichiarato nulla la sentenza dichiarativa di estinzione del giudizio  di primo grado e ha rimesso la causa al primo giudice in base all’art.354 II comma c.p.c.

La responsabilità civile del professionista delegato per le vendite ai sensi dell’art.591 bis c.p.c.

La disciplina dell’esecuzione forzata, sin dal 1998, prevede che il giudice dell’esecuzione possa delegare lo svolgimento delle operazioni di vendita forzata a professionisti esterni. In un primo momento la delega per la vendita di beni immobili e mobili registrati poteva essere conferita solo ai notai. La riforma delle leggi n. 80 e 263 del 2005 ha ampliato  la platea dei professionisti ai quali può essere conferita la delega, che è stata parzialmente modificata nell’oggetto.

Ciò anche  al fine di accelerare la definizione delle procedure esecutive immobiliari e, nel contempo, garantire una maggiore trasparenza nella loro conduzione.

L’art.591 bis II comma c.p.c. definisce l’ambito oggettivo della delega. Dall’esame della disposizione emerge che lo svolgimento delle attività delegate  richiede al professionista la disponibilità di una struttura organizzata al fine di garantire il migliore espletamento dell’incarico che è senz’altro impegnativo.

Nulla il codice dispone in merito alla qualificazione giuridica del delegato.

Secondo parte della dottrina egli è un ausiliario del giudice, mentre, seconda altra dottrina, è un suo sostituto.

La legge del 1998 aveva indotto a definire il notaio delegato come ausiliario del giudice ai sensi dell’art.68 c.p.c. . Tuttavia, secondo parte della dottrina, il rapporto del delegato con il giudice non ha carattere meramente accessorio, collaterale e occasionale. Il professionista è designato dal giudice affinchè svolga attività che, di norma, competono a  quest’ultimo e, quindi, in sua sostituzione. Pertanto, secondo la tesi in esame, l’art.68 c.p.c. pare difficilmente applicabile in quanto il giudice affida al delegato compiti che potrebbe tranquillamente svolgere in autonomia.  Si ritiene, dunque, che il delegato sia un sostituto del giudice tanto più che assume la qualifica di pubblico ufficiale ai sensi dell’art.357 c.p. in quanto svolge attività di rilevanza pubblicistica.

Altrettanto controverso è il regime della responsabilità civile, penale e contabile del professionista delegato per la vendita.

Con particolare riferimento alla responsabilità civile si discute se essa si configuri in termini di responsabilità extracontrattuale ai sensi dell’art.2043 c.c., oppure in termini di responsabilità contrattuale.  A favore della natura contrattuale della responsabilità, infatti, si è sostenuto che il professionista delegato, pur essendo un pubblico ufficiale,  resta un soggetto privato che svolge un’attività professionale ai sensi degli artt.2229 e ss. c.c. . Pertanto la delega potrebbe dar vita ad un rapporto analogo a quello che nasce dal contratto d’opera professionale.

Il Tribunale di Avellino con un’ordinanza del 17 ottobre 2012 resa nell’ambito di un procedimento sommario proposto ai sensi dell’art.702 bis c.p.c. , ha affrontato entrambe le questioni finora accennate. Il caso controverso riguarda la responsabilità di un notaio delegato il quale, nel corso dell’udienza in cui il Giudice dell’esecuzione ha dichiarato esecutivo il piano di riparto delle somme ricavate dalla vendita forzata dell’immobile pignorato, ha dichiarato che gli importi depositati su alcuni libretti erano stati sottratti alla sua disponibilità da un collaboratore che aveva provveduto ad autodenunciarsi.

Il notaio, dunque, dichiarava di non essere in condizione di conferire gli importi dovuti al creditore il quale, inviata regolare lettera di messa in mora al professionista e alla compagnia assicurativa per la responsabilità civile, non conseguiva alcun riscontro.

Dopo una procedura esecutiva lunghissima, per il creditore il momento dell’effettivo recupero del credito si allontanava nuovamente. Attesa la mancanza di disponibilità del professionista delegato e della sua assicurazione a farsi carico delle conseguenze  dell’accaduto, si rendeva necessario percorrere  una via giudiziale che, al più presto possibile, permettesse di conseguire un titolo esecutivo e, nel contempo, assumere le iniziative necessarie ad evitare gli effetti negativi della scelta del  professionista di rendersi impossidente.

A seguito di un giudizio sommario proposto ai sensi dell’art.702 bis c.p.c. contro il notaio il quale ha esteso il contraddittorio al proprio collaboratore, alla compagnia assicurativa e alla banca presso la quale erano aperti i libretti di deposito, il problema è stato risolto nel giro di un anno.

Infatti, il Tribunale di Avellino, in primo luogo ha separato dal giudizio principale, quello relativo all’accertamento delle responsabilità tra il professionista delegato, il proprio collaboratore e la Banca, da svolgersi con rito ordinario. Inoltre, ha accolto il ricorso del creditore, condannando il Notaio delegato e, in sua manleva, la compagnia assicurativa, a pagare gli importi dovuti e le spese legali.

Il Tribunale, nell’ordinanza dell’ottobre 2012 ha osservato che “il notaio delegato delle operazioni di vendita è un ausiliario del giudice ed in tale veste svolge una funzione pubblica finalizzata all’esatta esecuzione della vendita forzata. Nello svolgimento di tale incarico il notaio delegato deve operare con la diligenza qualificata richiesta dalla funzione ai sensi dell’art.1176 c.c.”. Nel caso di specie ciò non è accaduto  in quanto il notaio ha fatto confluire sugli stessi libretti, importi relativi a diverse procedure esecutive creando una iniziale promiscuità che ha reso più difficoltosa e meno trasparente la gestione delle procedure.

Inoltre, il notaio non ha impedito al suo collaboratore,  soggetto estraneo alla procedura, di operare sui libretti. Egli avrebbe dovuto provvedere personalmente al versamento degli assegni e verificare periodicamente la situazione di ciascuno dei libretti.

Atteso che, come ha rilevato il Tribunale di Avellino, l’attività svolta dal notaio delegato per la vendita non richiede una particolare competenza tecnica in ragione della capacità del professionista, la diligenza richiesta deve essere la migliore possibile e il professionista risponde anche per colpa lieve. Né tale colpa è eliminata dal fatto che l’ammanco è stato determinato dal collaboratore, in quanto il notaio ha deciso liberamente di avvalersi del suo ausilio e avrebbe dovuto quantomeno sorvegliarne l’operato.

La Corte di Cassazione e l’anatocismo bancario: sentenza n.798 del 2013

Con la sentenza n.798 del 15 gennaio 2013 la sez. III civile  della Corte di Cassazione  ha nuovamente affrontato il tema dell’anatocismo e delle condizioni per proporre l’azione di nullità della clausola che pattuisce gli interessi e la domanda di ripetizione di quanto indebitamente addebitato dagli istituti di credito.

Il giudizio deciso dalla Corte in sede di legittimità scaturisce da un decreto ingiuntivo che, come si evince dalla sommaria ricostruzione del fatto, è stato proposto dal correntista nei confronti di un istituto di credito al fine di conseguire la restituzione dell’importo di L. 413.785.381 a titolo di ripetizione di indebito oggettivo derivante dall’applicazione di interessi ultralegali e c.m.s. non validamente pattuiti per iscritto e, comunque, usurari, relativamente a tre rapporti di conto corrente bancario. Immaginiamo che a sostegno del ricorso monitorio il correntista abbia allegato gli estratti conto dai quali emergeva, verosimilmente, il saldo a debito del conto corrente e, poi, una ricostruzione contabile che determinava l’importo indebitamente addebitato. (altro…)

Inammissibilità del procedimento ex art.700 c.p.c. per la cancellazione della segnalazione alla Centrale Rischi

L’illegittimo inserimento dei dati personali all’interno dei sistemi informativi sull’indebitamento della clientela delle banche e degli intermediari finanziari vigilati dalla Banca d’Italia, può causare al soggetto segnalato un grave danno da rimuovere nel più breve tempo possibile.
Se, da un lato, gli intermediari finanziari sono obbligati ad operare le segnalazioni per consentire una corretta valutazione del merito creditizio, da un altro lato, i soggetti segnalati devono essere senz’altro tutelati rispetto agli effetti negativi che l’errato inserimento dei dati può produrre sulla loro reputazione commerciale. (altro…)

La semplificazione in materia di Privacy: l’abolizione del DPS

l 4 aprile 2012 è stata approvata dalla Camera la legge di conversione del decreto legge n.5 del 9 febbraio 2012 noto come “Semplifica Italia”. E’ dunque definitiva l’abolizione dell’obbligo imposto dal d.lgs. 196 del 2003 di redigere entro il 31 marzo di ogni anno il Documento Programmatico sulla Sicurezza, ovvero la mappa delle misure minime di sicurezza adottate per la tutela della privacy da soggetti pubblici e privati che trattano dati personali, sensibili e/o giudiziari.

Sin dalla pubblicazione del decreto legge e dalla sua entrata in vigore, la notizia è stata commentata soprattutto osservando che l’abolizione del DPS avrebbe determinato un considerevole risparmio di tempo e di denaro per i titolari del trattamento dei dati. Tuttavia, tale lettura della innovazione normativa appare decisamente superficiale e anche pericolosamente fuorviante. Infatti, basta esaminare la normativa dettata dal d.lgs. n.196 del 2003 per verificare che la redazione del DPS costituiva solo uno degli adempimenti documentali imposti al fine di garantire il corretto trattamento dei dati. E’ d’uopo ricordare che a fronte dell’abrogazione del solo art.34 I comma lett. g del citato decreto legislativo resta obbligatorio adottare tutte le altre misure minime di sicurezza indicate dall’art.29, dall’art. 30, dall’art.34 comma I lett. a, b, c, d, e, f, h e dall’art.35, così come specificate dall’Allegato B.

In particolare preme segnalare che, da un punto di vista documentale, resta fermo l’obbligo di tenere accuratamente aggiornate le nomine dei responsabili e degli incaricati del trattamento dei dati. Chi, in conformità con quanto disposto dalla legge, negli anni passati ha redatto per ciascun responsabile ed incaricato, delle nomine specifiche dalle quali si evinca con chiarezza l’ambito del trattamento dei dati consentito, le funzioni svolte, gli obblighi da rispettare, l’elenco delle banche dati cartacee e informatiche alle quali è permesso l’accesso e gli estremi del pc utilizzato da ciascun soggetto, dovrà comunque continuare a farlo. Ed è evidente che la redazione e l’aggiornamento di tali nomine costituisce il lavoro prodromico ed essenziale per la redazione del DPS.

In altri termini, fermi restando tutti gli adempimenti imposti dal d.lgs. n.196 del 2003, si eviterà solo di sintetizzarli in un documento unico. Pertanto, i titolari del trattamento, soprattutto di dati sensibili, non possono sentirsi in alcun modo autorizzati a ritenere che a seguito dell’abolizione del DPS, entro il 31 marzo di ogni anno, non ci sia più nulla da fare. Anzi dovranno anche essere consapevoli che nel caso di un controllo da parte delle autorità competenti oppure in sede contenziosa, su di loro incomberà comunque l’onere della prova di aver adempiuto agli obblighi imposti dalla legge a tutela della privacy entro la data stabilita. Mentre finora tale onere poteva essere adempiuto esibendo il DPS con data certa, per effetto dell’abolizione del documento, sarà molto più difficile dimostrare di essere in regola.

A ciò si aggiunga che la legge di conversione del decreto “Semplifica Italia” nulla statuisce in merito alla formazione dei responsabili e degli incaricati. Atteso che la norma abrogata, nel definire il contenuto del DPS, prevedeva che in tale documento si facesse espresso riferimento alla formazione annuale dei responsabili e degli incaricati, si è sbrigativamente concluso che anche questo impegno non dovesse essere più assolto. Tuttavia, per esperienza personale, ho verificato che gli incontri formativi, soprattutto se intesi come un momento di confronto dinamico con tutti coloro che quotidianamente trattano i dati personali, sensibili e giudiziari, sono più utili di qualsiasi altro adempimento. Infatti, permettono di esaminare tematiche e questioni che spesso appaiono astratte e di sensibilizzare le persone rispetto alla necessità di sviluppare un interesse maggiore per la tutela della riservatezza e, dunque della personalità dell’individuo, e di trasmettere il messaggio soprattutto ai più giovani. Inoltre, in sede formativa emergono i dubbi e si trovano le soluzioni alle problematiche applicative del d.lgs. 196 del 2003.

Concludendo, dunque, è decisamente consigliabile continuare ad adempiere agli obblighi imposti dal d.lgs. 196 del 2003 adottando le misure minime di sicurezza in esso indicate aggiornando regolarmente la documentazione e, quindi, soprattutto le nomine dei responsabili e degli incaricati del trattamento, il registro che attesta il cambiamento delle password e le informative.

Che cos’è la legalità

In nessun Paese europeo come in Italia la regola è sentita come sofferenza, anzi come un limite, qualcosa che sottrae piuttosto che aggiungere. Gherardo Colombo insiste nei suoi testi su due categorie di regole: le regole formali, nelle quali l’uguaglianza è valore costituzionale, e le regole occulte, che cambiano arbitrariamente a seconda della volontà del soggetto (corruzione negli appalti, corruzione nella causa civile, corruzione per non pagare una multa, corruzione per l’immondizia, corruzione per l’università, corruzione…).

Le prime fortificano la comunità, le seconde la annullano. La regola, la legge, ciò che costituisce il piano su cui ognuno “risponde” (cioè la responsabilità di ognuno verso gli altri), è in Italia tollerata, sopportata, sofferta. L’uguaglianza la si patisce come piatta livella. La necessità di educare se stessi alla ricerca della regola responsabile nello stare con sé e con gli altri è urgente. E fondamentale.

Dati del libro

TitoloChe cos’è la legalità – con CD audio
Autore: Gherardo Colombo
Prezzo: € 15,00
Anno: 2010
Altri dati:28 p.
Editore: Che cos’è la legalità – con CD audio
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Di sana e robusta Costituzione. Intervista di Carlo Alberto dalla Chiesa

Piero Calamandrei diceva che per cercare i luoghi in cui è nata la Costituzione bisogna andare sulle montagne in cui caddero i partigiani, nelle carceri in cui furono imprigionati e nei campi dove furono impiccati: ovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità di un popolo, lì devono andare i giovani perché lì è nata la nostra Costituzione. Parole forti, che mai come oggi suonano sconosciute proprio a quei giovani che della vita democratica sono linfa vitale e che invece vivono sempre più lontani da quei luoghi del pensiero e dell’azione che i costituenti trasformarono in un grandioso inno alla convivenza civile e alla vita democratica. La Costituzione è la legge fondamentale e fondativa dello Stato italiano.

In vigore dal 1° gennaio 1948 la Costituzione non è un atto politico e non è lo strumento di una parte contro l’altra, ma un terreno di confronto pensato e strutturato per adeguarsi alle trasformazioni del paese. Oscar Luigi Scàlfaro e Gian Carlo Caselli si confrontano sull’attualità della carta costituzionale, sul suo stato di salute e sulla necessità di una rivalutazione e di una vera presa di coscienza del suo ruolo centrale nella vita democratica dell’Italia. Completa il libro la pubblicazione integrale della Costituzione della Repubblica Italiana.

Dati del libro

TitoloDi sana e robusta Costituzione. Intervista di Carlo Alberto dalla Chiesa
Autore: Scalfaro Oscar L.; Caselli G. Carlo
Prezzo: € 11,90
Anno: 2010
Altri dati:192 p., brossura
Editore: ADD Editore
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L’ assedio. La Costituzione e i suoi nemici

“L’assedio” è un pamphlet in difesa della Costituzione italiana, che in questa stagione politica occupa – per l’appunto – una trincea, circondata da truppe numerose. Colpa del sistema politico, che scarica sulla Carta costituzionale tutta la sua impotenza a inaugurare una stagione di riforme. Ma colpa altresì degli italiani, o almeno di quanti hanno via via smarrito il sentimento dei diritti e dei doveri che ci aveva lasciato in dote la generazione degli anni Quaranta, quella dei nostri padri fondatori.

Ecco perché l’Italia è un paese senza legge: non c’è spazio per la legalità se la legge più alta viene ignorata o vilipesa. Questa malattia ha però origini lontane: nei ritardi con cui la nostra Carta è stata attuata; nelle prassi incostituzionali (almeno 15); nelle «controriforme» della Costituzione (per lo più fallite, anche se tre Bicamerali e innumerevoli altri tentativi hanno finito per delegittimare le istituzioni vigenti); nelle leggi che svuotano i valori costituzionali (il lodo Alfano non è che l’ultimo esempio). Ora è giunta la resa dei conti: dal Parlamento al Quirinale, dai giudici ordinari alla Consulta, tutti i contropoteri sono sotto schiaffo. “L’assedio” ci offre un contributo per resistere.

Dati del libro

TitoloL’ assedio. La Costituzione e i suoi nemici
Autore: Ainis Michele
Prezzo: € 12,75
Anno: 2011
Altri dati:271 p., brossura
Editore: Longanesi
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Il giudice. Le battaglie di Raffaele Guariniello

C’è in Italia un magistrato che è diventato l’emblema di diritti da restituire a chi se li è visti conculcare: cominciando dai lavoratori oggetto di discriminazioni per le loro idee politiche, o per la loro militanza sindacale, e arrivando a uomini e donne costretti a rischiare la salute e la vita per mantenere un impiego, per crescere i figli, per vivere una vita normale.

Il libro ripercorre e racconta le inchieste e i processi che questo magistrato, Raffaele Guariniello, ha promosso o celebrato nell’arco di quarant’anni come pubblico accusatore e, al tempo stesso, difensore delle parti più deboli e dimenticate della nostra società. Lo scandalo delle schedature Fiat, i problemi della medicina del lavoro, le prime azioni contro l’amianto, l’uso di certe categorie di farmaci in una squadra di calcio, fino a due grandi processi ancora in discussione nelle aule di giustizia – quello per lo spaventoso rogo alla ThyssenKrupp e quello per le migliaia di vittime dell’Eternit  -, sono le più importanti vicende giudiziarie che il procuratore Guariniello ha seguito, mettendo a nudo guai e distorsioni della società italiana.

Dati del libro

TitoloIl giudice. Le battaglie di Raffaele Guariniello
Autore: Papuzzi Alberto
Prezzo: € 12,75
Anno: 2011
Altri dati:153 p., brossura
Editore: Donzelli
Acquista su Amazon

Osservazioni sull’onere della prova nei giudizi di anatocismo

Nei giudizi promossi dai correntisti allo scopo di ottenere la restituzione degli interessi anatocistici spesso si pone il problema della distribuzione dell’onere della prova tra attore e istituto di credito convenuto. Non di rado tale problematica è affrontata e risolta, nei casi concreti, ricorrendo ad una vistosa quanto ingiustificata deroga alla regola di giudizio sancita dall’art.2697 c.c. La suddetta norma dispone che “Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda.” (altro…)

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione in tema di anatocismo: gli effetti della sentenza n.24418 del 2 dicembre 2010

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24418 depositata in data 02.12.2010 hanno esercitato la propria funzione nomofilattica, intervenendo su alcune questioni che, in tema di anatocismo bancario, non erano univocamente valutate e decise dalla giurisprudenza di merito. La pronuncia è giunta a seguito del ricorso proposto dalla Banca Popolare Pugliese avverso la Sentenza n. 97 del 2009 emessa dalla Corte d’Appello di Lecce, relativamente ad una causa per la ripetizione di illegittime competenze bancarie avviata da un correntista salentino. (altro…)

La Corte Costituzionale sulla decorrenza della prescrizione per la ripetizione degli interessi anatocistici

Con l’attesa sentenza n.78 pubblicata oggi, 05 aprile 2012, la Corte Costituzionale ha sciolto il nodo relativo alla illegittimità costituzionale dell’art.2 comma 61 del decreto legge n.225 del 29.12.2010 coordinato con le modifiche apportate con la legge di conversione n.10 del 26.2.2011. Tenendo conto delle censure mosse alla norma dai diversi Tribunali remittenti e considerate le difese svolte dagli Istituti di credito coinvolti nelle singole vicende processuali, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di entrambi i periodi di cui si compone l’art.2 comma 61 della legge di conversione del cosiddetto decreto mille proroghe. (altro…)

La prescrizione in materia di anatocismo: dalla Corte di Cassazione alla Corte Costituzionale passando per il decreto milleproroghe

L’applicazione della sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 24418 del 2010.

La sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n.24418 del 2 dicembre 2010 ha creato non poche difficoltà applicative. Mentre per il problema relativo alla capitalizzazione degli interessi i giudici non hanno avuto difficoltà a confermare l’illegittimità dell’applicazione di tale pratica nel caso in cui si trattasse di rapporti instaurati prima del 30 giugno 2000, con riferimento alla prescrizione del diritto alla ripetizione dell’indebito, la questione si è fatta più complessa. La sentenza delle Sezioni Unite, in realtà, parla chiaro: infatti, le Sezioni Unite, a differenza di quanto è accaduto in passato, non si limitano a sostenere che il termine di prescrizione decorre dalla chiusura del conto corrente bancario inteso come rapporto strutturalmente unitario. (altro…)

La crisi del potere accademico in Italia. Proposte per il governo delle università

Il potere accademico in Italia è in crisi. Lo è da molto tempo, ma oggi in modo esemplare perché a ragioni storiche se ne sono sovrapposte altre strutturali. L’università italiana appare come un mondo di insiders, iper-regolato e insieme arcaico. Il potere accademico, che pure gode di molte credenziali nel sistema politico, ha perso quei requisiti di indipendenza, di trasparenza e di responsabilità che sono il segno di un vero potere.

Per troppo tempo si è pensato di riformare l’università senza avere una visione chiara dei suoi problemi, manipolandone i meccanismi di autonomia, intromettendosi in questioni che non competono alla politica, trascurando, invece, i problemi veri del governo degli atenei. Il futuro del potere degli accademici passa piuttosto dalla qualità degli assetti di controllo e di governo delle università. Una governance moderna ed efficiente è il presupposto di un successo che è ancora possibile contro il declino intellettuale e scientifico del Paese e per un’autentica democrazia del merito.

Dati del libro

TitoloLa crisi del potere accademico in Italia. Proposte per il governo delle università
Autore: Capano G.; Tognon G.
Anno: 2008
Formato: Copertina flessibile
Editore: Il Mulino
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I diritti presi sul serio

“Prendere sul serio” i diritti significa riconoscerne il carattere sovrastatale e quindi la necessità di tutelarli non solo all’interno degli Stati ma anche fuori e contro gli Stati stessi: essi si qualificano dunque come dei vincoli costituzionali ai poteri pubblici.

È in nuce l’avvio di una teoria etica dell’uguaglianza e del liberalismo, secondo la quale un ordinamento è giusto solo se assicura “uguale rispetto e considerazione” per tutte le concezioni della vita. Ma anche l’inizio della teoria costituzionale della democrazia con il nuovo ruolo assegnato al diritto giurisprudenziale.

Ronald Dworkin deve la sua fama a questo saggio pubblicato nel 1977 e reso disponibile al pubblico italiano nel 1982, in cui contrastando il positivismo giuridico e l’utilitarismo, ha aperto feconde prospettive per la teoria del diritto e della politica degli ultimi 30 anni. Un grande classico del pensiero giuridico contemporaneo viene ora proposto nella versione integrale.

Dati del libro

TitoloI diritti presi sul serio
Autore: Dworkin Ronald
Anno: 2010
Formato: Copertina flessibile
Editore: Il Mulino (collana Collezione di testi e di studi)
Acquista su Amazon

Brevi osservazioni sull’anatocismo nei mutui

Il mutuo bancario si configura come un’operazione di finanziamento che prevede un piano di ammortamento rateale. Le rate sono costituite in parte da capitale e in parte da interessi secondo una composizione che varia a seconda della forma di ammortamento prescelta.

Atteso che ciascuna rata è composta sia di capitale, sia di interessi gli eventuali interessi moratori da corrispondere con riferimento alle rate scadute e impagate verranno calcolate sull’intera rata dando luogo implicitamente alla produzione di interessi sugli interessi già maturati. (altro…)